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storia della decadenza |
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nelle ore di riposo amava di conversar con Giovanni discepolo d’Amonio, che, per lo studio assiduo che faceva della grammatica e della filosofia, era soprannomato Filopono1. Animato da questa famigliarità osò Filopono domandare un dono per lui inestimabile, spregevole pei Barbari: chiese la biblioteca reale, quella sola delle spoglie d’Alessandria in cui non erasi apposto il suggello del vincitore. Era propenso Amrou a compiacere il grammatico, ma alla sua scrupolosa integrità non si addiceva alienare il menomo che senza la permissione del Califfo. La famosa risposta d’Omar, dipinge benissimo tutta l’ignoranza del fanatismo: „Se gli scritti dei Greci son concordi al Corano, sono inutili e non si denno conservare: se discordi da quello, son pericolosi e si denno abbrucciare„. Questa sentenza fu ciecamente eseguita; i volumi in carta o in pergamena furono distribuiti ai quattromila bagni della città, e tanto era l’incredibile numero di quelli, che appena bastaron sei mesi per consumarli tutti. Dopo che s’è pubblicata una version latina delle dinastie di Abulfaragio2, questa novella fu ripetuta diecimila
- ↑ Ci restano molti Trattati di questo amante della fatica (φιλοπονος): ma si leggono quelli che sono stampati come quelli che non furono pubblicati mai; Mosè ed Aristotele sono i subbietti principali di que’ verbosi commentari, uno de’ quali porta la data del 10 maggio, A. D. 617 (Fabricio, Bibl. graec. t. IX, p. 458-468). Un moderno (Giovanni-le-Clerc), che qualche volta s’appropiava quel nome, era tanto laborioso quanto il Filopono d’Amrou, ma superiore a lui in buon senso, e in vero sapere.
- ↑ Abulfaragio, Dynast., p. 114. vers. Pocock. Audi quid factum sit et mirare. Non la finirei mai se volessi dare il ca-