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dell'impero romano cap. li. |
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la persona e la dottrina di Maometto; la fazione allor dominante impiegò la sua accortezza contro gli esuli, per motivo di religione, rifuggiti alla Corte del re di Etiopia1. Ma egli ritornò dalla sua ambasciata addetto secretamente all’Islamismo; la ragione ovver l’interesse lo determinarono ad abbandonare il culto degli idoli: scampò dalla Mecca col suo amico Caled, e il Profeta di Medina ebbe il piacere d’abbracciare nel punto medesimo i due campioni più intrepidi della sua causa. Amrou, che mostrava gran desiderio di comandare gli eserciti de’ fedeli, fu rimbrottato da Omar che lo consigliò a non cercare autorità e dominio, poichè l’uomo che oggi è suddito può domani essere principe. Per altro non trascurarono il suo merito i due primi successori dell’appostolo, e alla sua prodezza furon debitori dei conquisti della Palestina: egli in tutte le battaglie, e negli assedi della Sorìa diede a divedere congiunta la calma di un generale al valore di un ardente soldato. In uno de’ suoi viaggi a Medina se gli mostrò voglioso il Califfo di veder la spada che aveva mietuto tante teste cristiane. Il figlio di Aasi gli presenta una scimitarra cortissima che nulla avea di singolare, e accortosi della sorpresa di Omar. „Oimè, gli disse il modesto Saraceno, anche la spada senza il braccio del suo padrone sovrano non è più tagliente, nè più pesante della spada del poeta Pharezdak„2. Dopo il
- ↑ Gagnier (Vie de Mahomet, t. II, pag. 46 ec.) cita l’istoria o il romanzo abissinio di Abdel-Balcides. Questi ragguagli per altro sulla ambasceria e sull’ambasciatore non sono inverisimili.
- ↑ Questa risposta ci fu conservata dal Pocock (Not. ad Carmen Tograi, p. 284), e il signor Harris (Philosophical Arrangements, p. 350) giustamente la loda.