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storia della decadenza |
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Damete, e protestò che se potesse abbandonare gli affari pubblici, di buon grado avrebbe militato sotto gli ordini dello schiavo. Per mascherare l’impresa ideata, finsero i Saraceni di ritirarsi trasportando il campo lungi una lega incirca da Aleppo. I trenta avventurieri stavano in imboscata a piè del colle, e Damete finalmente si procacciò le notizie che bramava, ma non senza andare nelle furie contro l’ignoranza de’ suoi prigionieri greci. „Maladetti da Dio questi cani! esclamava l’ignorante Arabo: che strano e barbaro linguaggio è quello che parlano!„ Nel più fitto della notte scalò l’altura che egli aveva attentamente visitata dal lato più accessibile, sia che in quella parte fossero più degradate le pietre, sia che il pendìo fosse più declive, o men vigilante la guardia. Sette de’ suoi compagni più robusti salirono sulle spalle gli uni degli altri, e lo schiavo gigantesco sosteneva sopra il suo largo e nervoso dosso il peso di tutta la colonna. I più elevati potevano aggrapparsi alla parte inferiore dei muri. Vi si arrampicarono finalmente, pugnalarono alla sordina le sentinelle e le gettarono abbasso dalla Fortezza; ed i trenta guerrieri ripetendo questa pia giaculatoria, „Appostolo di Dio aiutateci e salvateci„, furon successivamente tirati sul muro, mercè delle lunghe tele de’ lor turbanti. Damete andò cautamente a spiare il palazzo del governatore, che con romorose allegrie festeggiava la ritirata del nemico: e ritornato ai suoi compagni assalì dalla parte interna l’ingresso del castello. La sua piccola squadra abbattè la guardia, sgombrò la porta, calò abbasso il ponte levatoio, e difese questo angusto passaggio sino all’arrivo di Caled, che, sul far del giorno, venne a trarlo di pericolo, e ad assicurare la