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dell'impero romano cap. li. |
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vicine sorgenti. La guarnigione dopo aver perduto tremila uomini, avea tuttavolta modo di difendersi, e il Capo ereditario, il prode Youkinna, aveva ammazzato suo fratello, un santo monaco, perchè avea pronunziata la parola di pace. Rimase morto o ferito gran numero di Saraceni durante quell’assedio che durò quattro o cinque mesi, e che fu il più penoso di tutti gli assedi della guerra siriaca; gli altri si ritrassero in distanza d’un miglio dalla Piazza, ma senza poter deludere la vigilanza di Youkinna; nè venne pure fatto ai medesimi di sbigottire i Cristiani colla morte di trecento prigionieri cui decapitarono sotto le mura del castello. Primamente dal silenzio, poi dalle lettere d’Abu-Obeidah comprese il Califfo essere ormai sfinita la pazienza delle sue soldatesche, ed aver esse omai perduta ogni speranza di prendere quella Fortezza. „Io partecipo co’ miei affetti, gli rispose Omar, a tutte le vicende vostre, ma non posso assolutamente permettervi di levar l’assedio del castello. La ritirata vostra scemarebbe la fama delle nostre armi, e darebbe coraggio agli infedeli di piombare sopra di voi da ogni lato: rimanete davanti Aleppo, fino a tanto che Iddio decida dell’evento, e la vostra cavalleria vada foraggiando nel circondario„. Alcuni volontari di tutte le tribù dell’Arabia, giunti al campo sopra cavalli o cammelli, crebbero forza alle esortazioni. Era con essi certo Damete, guerriero di servile estrazione, ma di figura gigantesca e d’animo intrepido. Nel giorno quarantesimosettimo di servigio chiese trenta uomini con cui sorprendere il castello. Caled, che lo conosceva, commendò il suo disegno, ed Abu-Obeidah avvertì i suoi fratelli di non avere dispregio per la nascita di