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sione, che gli infedeli che partecipavano ai loro mali non participerebbero alla loro ricompensa. Quattro mila e trenta Musulmani furono seppelliti sul campo di battaglia, e la destrezza degli arcieri Armeni procacciò a settecento Arabi la gloria di perdere un occhio nell’esercizio di quel religioso dovere. Confessarono i veterani della guerra di Sorìa non aver mai veduto azione così terribile, ed il cui esito fosse sì lungo tempo incerto; ma non ve n’ebbe altresì veruna più decisiva di quella; Greci e Siri a migliaia caddero sotto la spada degli Arabi; gran numero di fuggitivi fu dopo la vittoria trucidato pei boschi, e nelle montagne. Parecchi altri, che perdettero il guado, annegarono nell’acqua dell’Yermuk, e, qualunque sia l’esagerazione dei Musulmani1, dagli autori cristiani si confessa che il cielo li punì in maniera ben sanguinosa dei loro peccati2. Manuele che coman-

  1. Noi ne abbiamo ucciso centocinquantamila e fatto prigionieri quarantamila, diceva Abu-Obeidah al Califfo (Ockley, vol. 1, p. 241). Non potendo dubitare della sua veracità, nè prestar fede al suo computo, mi do a credere che gli storici Arabi abbiano composto le arringhe e le lettere, che prestano ai loro eroi, come usavano tanti altri storici.
  2. Teofane, dopo avere deplorato i peccati de’ Cristiani, soggiunge: (Cronogr. pag. 276): ανεση ο ερημικος Αμαληκ τυπτωκ ημας τον λαον του Χριςου, και γινεται πρωτη φοραπτωσις του Ρωμαικου σρατου η κατα το Ταβιθαν λεγω. Και Ιερμουκαν και την αθεσμον αιματοχυσιαν venne a zuffa Amalek del deserto battendo noi che siamo il popolo di Cristo, e questa prima battaglia fu la rotta dell’esercito romano seguìta presso Tabita (vuol forse parlare di Aiznadin?), e l’altra presso Yermuk con enorme strage. – La sua narrazione è breve ed oscura; ma attribuisse la vittoria dei Musulmani alla superiorità del numero, al vento contrario, e ai nembi di pol-