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dell'impero romano cap. li. |
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strada furon visibili le vestigia degli abitanti di Damasco; ma ad un tratto disparvero; tuttavolta furono rincorati i Saraceni nelle lor mosse dalla sicurezza avuta, che i fuggiaschi s’erano sperperati nelle montagne, e che potrebbero raggiugnerli presto. Durarono stenti eccessivi nel valicare le giogaie del Libano; ma l’indomabile ardor d’un amante sostenne e confortò il coraggio di que’ vecchi fanatici. Un paesano di quel Cantone gli avvisò, che l’imperatore avea mandato ai fuorusciti un ordine di radere la costa del mare senza indugio, sulla strada che conduceva a Costantinopoli, temendo per avventura che lo spettacolo e il racconto dei loro patimenti avessero a scoraggiare i soldati, e il popolo di Antiochia. Furon guidati i Saraceni attraverso del territorio di Gabala1 e di Laodicea scansando sempre le città. Continua era la pioggia, oscurissima la notte; solo una montagna gli separava dai fuggitivi, e Caled, sempre inquieto per la sicurezza dei suoi guerrieri, confidava al compagno i tristi presagi avuti in sogno; ma dai primi raggi del giorno furono dissipati tutti i suoi timori. Scorse davanti a sè in una bella vallata le tende dei Cristiani scampati da Damasco. Dopo aver consacrati alcuni istanti al riposo e all’orazione,
- ↑ Le città di Gabala e di Laodicea, trascorse dagli Arabi, si vedono tuttavia, ma mezzo rovinate (Maundrell p. 11, 12; Pocock, vol. II, p. 13). Se Caled non gli raggiungeva, i Cristiani avrebbero attraversato l’Oronte sopra un ponte, che avrebbero sicuramente trovato nello spazio delle sedici miglia fra Antiochia e il mare, e potuto avrebbero in Alessandria trovare di nuovo la strada maestra di Costantinopoli. Gli itinerari accennano la direzione della strada, e le distanze (p. 146-148, 581-582 ediz. di Wesseling).