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le tribù s’accampano sulla costa del mare, sulle colline dell’Yemen, o ne’ contorni dell’Eufrate, e spesse volte si trasferirono, non senza rischio, sino alle sponde del Nilo e ne’ villaggi della Siria e della Palestina. La vita d’un Arabo vagabondo è tutta pericolo e miseria; e benchè si procacci talvolta colle rapine, o colle permute, i frutti dell’industria, un semplice particolare in Europa col suo lusso trova godimenti assai più sodi e piacevoli di quelli che possa ottenere il più altiero Emir, ricco d’un armento di diecimila cavalli.

Si osserva per altro una differenza essenziale tra le masnade, o sia orde della Scizia, e le tribù Arabe; parecchie di quest’ultime si adunarono in borgate, e si diedero al traffico e all’agricoltura. Impiegavano una parte del tempo e dell’industria nelle cure del bestiame; tanto in guerra che in pace si mischiavano coi loro fratelli del deserto; e queste utili pratiche procacciarono a’ Beduini qualche mezzo da sovvenire a’ bisogni, e diedero loro qualche sentore d’arti e di scienze. Le più antiche e più popolate delle quarantadue città dell’Arabia1, indicate da Abulfeda, appartenevano all’Arabia Felice; le torri di Saana2, e il mirabile serbatoio di Merab erano

  1. Marciano d’Eraclea (in Perip., p. 16, in t. I; de Hudson, minor Geograph.) noverava cento sessantaquattro città nell’Arabia Felice. Poca per altro poteva esserne l’estensione, e forse grande la credulità dello scrittore.
  2. Albufeda (in Hudson, t. III, p. 54) paragona Saana a Damasco: anche oggi è la residenza dell’Iman dell’Yemen (Voyages de Niebuhr, t. I. p. 331-342). Saana è distante ventiquattro parasanghe da Dafar (Abulfeda, p. 51), e sessantotto da Aden (p. 53).