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dell'impero romano cap. li. 189

e queste squadre, quasi tutte composte di cavalleria, potevano egualmente denominarsi Sire, Greche o Romane; Sire a cagion del luogo d’onde eran tratte, o del teatro della guerra: Greche per la religione, o la lingua del sovrano: Romane per la nobile denominazione profanata mai sempre dai successori di Costantino. Werdan, montato sopra una mula bianca ornata di catene d’oro, e circondato da bandiere e stendardi, attraversava la pianura di Aiznadin, quando gli venne veduto un guerriero feroce e seminudo, che andava a scoprire il nemico, ed era Derar guidato dal fanatismo del secolo e della nazione, la quale ha forse troppo esagerato questo atto di valore. Odio del cristianesimo, avidità di saccheggio, non curanza di pericolo eran queste le passioni dominanti dell’ardito Saraceno; la vista della morte non indeboliva mai la sua fiducia religiosa, mai non ne turbava la tranquilla intrepidezza, e non potea nemmeno impedire le naturali e facete arguzie della sua giovialità marziale; col coraggio e colla prudenza riuscivano a bene le sue imprese più disperate. Dopo aver corsi innumerevoli rischi, dopo essere stato tre volte in balìa degli infedeli, superò tutti i pericoli, ed ebbe la sua parte nei guiderdoni della conquista di Sorìa. Nella qual occasione resistè, ritirandosi, all’assalto di trenta Romani che Werdan mandò contro lui, e dopo averne uccisi o scavalcati diecissette tornò sano e salvo al campo dei Musulmani, che ne applaudivano la prodezza. Avendolo il suo generale gentilmente rimproverato della temerità che aveva dimostrata, egli se ne scusò colla semplicità di un soldato. „Non io cominciai quell’assalto, egli disse; vennero essi per prendermi, ed io avea timore che