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dell'impero romano cap. l 13

sprone; se ne riserva la forza pei momenti in cui occorre o fuggire, o inseguire; appena sentono la mano, o la staffa si slanciano colla celerità del vento; e se nella rapida corsa il loro amico è rovesciato a terra, nel punto istesso si fermano, e aspettano che il cavaliere risalga in sella. Nelle sabbie dell’Affrica e dell’Arabia, il cammello è un dono del cielo e un animale sacro. Questa robusta e paziente bestia destinata a portare i fardelli può camminar molti giorni senza mangiare e senza bere; il suo corpo, segnato dai marchi di servitù, ha una specie di tasca, o sia un quinto stomaco, che è un serbatoio d’acqua dolce; i grandi cammelli possono soffrire un peso di dieci quintali; e il dromedario d’una struttura più snella e più agevole, precorre il cavallo più agile. E in vita e in morte, quasi tutte le parti del cammello sono profittevoli all’uomo; la sua femmina somministra una quantità considerabile d’un latte nudritivo; quando è in tenera età la carne ha il sapor del vitello1; si ricava dall’orina un sale prezioso; i suoi escrementi suppliscono alle materie combustibili; e il suo lungo pelo, che cade e si rinova ogni anno, lavorato grossolanamente serve al vestire, al mobigliamento e alle tende de’ Beduini. Nella stagione piovosa si nutre della poca erba del deserto; negli ardori della state e nella penuria del verno

  1. Qui carnibus camelorum vesci solent odii tenaces sunt diceva un medico Arabo. (Pocock Specimen p. 88.). Maometto stesso, che amava molto il latte della femmina di questo quadrupede, preferiva la vacca, e non ha fatto menzion del cammello; ma il vitto alla Mecca e a Medina era già meno frugale (Gagnier, Vie de Mahomet, t. III. p. 404).