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dell'impero romano cap. l 11

tempo erranti sulle coste nel golfo Persico, dell’Oceano ed anche del mar Rosso a procurarsi quel precario alimento. In sì miserabile condizione, che poco merita il nome di società, quel bruto che si chiama uomo, senz’arti e senza leggi, quasi sfornito d’idee e di parole era superiore di poco al resto degli animali; per lui passavano in una silenziosa obblivione le generazioni ed i secoli, e i bisogni e gli interessi che restringeano l’esistenza del Selvaggio all’angusto margine della costa marittima, gl’impedivano il pensiero di moltiplicar la specie; ma è ben rimota di già quell’epoca in cui la gran masnada degli Arabi si tolse da quella deplorabile miseria, e non potendo il deserto mantener una popolazione di cacciatori, passarono questi subitamente al più tranquillo e più felice stato della vita pastorale. Tutte le tribù erranti degli Arabi hanno le abitudini stesse; nella faccia de’ Beduini attuali si rinvengono i delineamenti dei loro avi1, i quali, al tempo di Mosè o di Maometto, abitavano sotto tende della medesima forma, e guidavano i lor cavalli, i cammelli, le gregge

    (prese nel senso più largo) fossero abitate da quei Selvaggi anche ai tempi di Ciro; ma stento a credere che vi fossero tuttavia dei cannibali fra loro sotto il regno di Giustiniano (Procopio, De bello Persico l. I. c. 19).

  1. V. lo Specimen Historiae Arabum, di Pocock, p. 2, 5, 86, ec. Il viaggio del Signor d’Arvieux fatto nel 1664 al campo dell’Emir del Monte Carmelo (Voyage de la Palestine, Amsterdam, 1718) presenta un quadro piacevole ed originale della vita de’ Beduini, rischiarato ancora da Niebuhr, (Description de l’Arabie, p. 327-344), e dal Signor di Volney (t. I. p. 343-385), l’ultimo e il più giudizioso di quanti han pubblicati viaggi nella Siria.