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dell'impero romano cap. l 137

sto su le picche della prima fila di soldati, e dovette Alì soscrivere una tregua obbrobriosa, e un compromesso insidioso. Si ritrasse egli a Cufa, pieno di dolore e di rabbia; scorata era la sua fazione; lo scaltro rivale soggiogò, o sedusse, la Persia, l’Yemen, l’Egitto; e il pugnale del fanatismo, rivolto contro i tre Capi della nazione, non colse che il compagno di Maometto. Tre Charegiti, o entusiasti, discorrendo un giorno nel tempio della Mecca intorno ai disordini della Chiesa e dello Stato, decisero che colla morte d’Alì, di Moawiyah e d’Amrou, amico di quest’ultimo e vice-re dell’Egitto, sarebbe rimessa la pace e l’unità della religione. Ognuno degli assassini elesse la sua vittima, avvelenò il ferro, si consacrò alla morte, e secretamente si trasferirono al luogo destinato per commettere il delitto. Erano tutti tre del pari fermi e risoluti; ma il primo, per isbaglio, trafisse in vece di Amrou il deputato che sedeva al suo posto: dal secondo fu pericolosamente ferito il principe di Damasco, e il terzo nella moschea di Cufa colpì mortalmente il Califfo legittimo, che, nel sessantesimoterzo anno dell’età sua morì, raccomandando generosamente ai figli di terminare con un sol colpo il supplizio dell’assassino. S’ebbe cura di celare il suo sepolcro1 a’ tiranni della casa d’Ommiyah2; ma nel quarto

  1. Abulfeda, Sonnita moderato, espone le varie opinioni sul seppellimento d’Alì, ma s’attiene al sepolcro di Cufa, fama numeroque religiose frequentantium celebratum. Niebuhr fa il conto che si seppelliscono ne’ contorni duemila persone all’anno, e che cinquemila sono i pellegrini che vanno a visitarlo (t. II, p. 208, 209).
  2. Tutti i tiranni di Persia da Adhad-el-Dowlat (A. D. 977; d’Herbelot, pag. 58, 59, 95), sino a Nadir-Shah