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134 storia della decadenza

situazione, mantenne egli la fierezza che s’addiceva al Capo degli Hashemiti, e dichiarò che preferito avrebbe il servire al regnare; gridò contro la presunzione de’ soldati esteri, e volle l’assenso se non volontario, almeno espresso de’ Capi della nazione. Non fu mai accusato d’essere stato complice dell’assassinio di Omar, quantunque si celebri in Persia senza riguardo la festa dell’uccisore di quel Califfo. S’era dapprima interposto Alì ad accomodare la lite fra Othmano e i suoi sudditi, ed Hassan, il primogenito de’ suoi figli, mentre difendeva il Califfo, fu insultato e ferito. Rimane dubbio peraltro se Alì sia rimasto ben saldo e fosse sincero nell’opporsi a’ ribelli, ed è poi certo che si giovò del loro delitto. Un’esca simile potea ben sedurre e corrompere la più specchiata virtù. Non solo su la sterile Arabia si stendeva lo scettro de’ successori di Maometto, ma i Saraceni erano stati vincitori in oriente e in occidente, e le doviziose contrade della Persia, della Siria, dell’Egitto erano il patrimonio del comandante de’ fedeli.

[A. D. 655-660] Una vita passata in orazione e in contemplazione non avea raffreddato l’ardor guerriero ed operoso di Alì: giunto all’età matura, con una lunga esperienza del Mondo, lasciava vedere nel suo contegno una temerità e imprudenza giovanile. Ne’ primi giorni della sua amministrazione non pensò ad assicurarsi con benefici, o con catene, della mal certa fedeltà di Telha e di Zobeir, due Capi arabi i più poderosi. Si ricoverarono essi alla Mecca, indi a Bassora, inalberarono il vessillo della ribellione, e s’insignorirono della provincia d’Irak e dell’Assiria, che invano domandate aveano per guiderdone de’ servigi prestati: la maschera del patriottismo giova a coprire le più ma-