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ghiera, e protestò di voler rispettare il merito e la dignità del suo rivale, che lo consolò della perdita dell’impero co’ più cortesi uffici di amicizia e di stima. Omar fu assassinato nell’anno duodecimo del suo regno. Temendo di gravare la propria coscienza co’ peccati del successore, non volle nominare al trono nè suo figlio, nè Alì; ma lasciò a sei de’ suoi rispettabili socii la difficil cura di scegliere il comandante de’ credenti. Fu pure Alì biasmato dagli amici1 d’aver permesso che venissero assoggettati i suoi dritti al giudizio degli uomini, e d’averne riconosciuta la giurisdizione accettando un posto fra i sei elettori. Avrebbe potuto ottenerne il suffragio se avesse degnato promettere di conformarsi, in guisa rigorosa e servile, non solo al Corano e alla tradizione, ma alle decisioni de’ due anziani2. [A. D. 644] Othmano, già secretario di Maometto, accettò a quelle condizioni il governo, e soltanto dopo il terzo Califfo, cioè passati ventiquattro anni dopo la morte del Profeta, Alì, per voto del popolo, fu investito della dignità di re e di gran sacerdote. I costumi degli Arabi non aveano perduta poco nè punto la primi

  1. Particolarmente dal suo amico e cugino Abdallah, figlio d’Abbas, che morì (A. D. 687) col titolo di gran dottore de’ Musulmani. Secondo Abulfeda, egli novera le occasioni rilevanti in cui aveva negletti Alì i suoi buoni consigli (p. 76. vers. Reiske), e conchiude così (p. 85): O princeps fidelium, absque controversia, tu quidem vere fortis es, at inops boni concilii, et rerum gerendarum parum callens.
  2. Suppongo che i due anziani di cui fan cenno Abulfaragio (p. 115) e Ockley (t. I, p. 371) non sieno già due consiglieri in carica, ma Abubeker ed Omar, i due predecessori d’Othmano.