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dell'impero romano cap. l |
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sarebbero degni di morte e l’elettore e l’eletto1. Abubeker fu senza pompa installato; Medina, la Mecca, le province d’Arabia gli obbedirono. Soli gli Hashemiti negarongli il giuramento di fedeltà, e il pertinace lor Capo si tenne racchiuso per più di sei mesi in casa senza volerlo riconoscere, e senza por mente alle minacce d’Omar, il quale tentò di dar fuoco alla casa della figlia dell’appostolo. Colla morte di Fatima, e coll’indebolimento della fazione d’Alì si calmò in lui lo sdegno, e riconobbe egli finalmente il generale de’ fedeli; approvò la scusa da quello addotta della necessità di prevenire i nemici comuni, e saviamente ricusò la proposta, che Abubeker gli faceva, d’abdicare il governo degli Arabi. Dopo un regno di due anni, il vecchio Califfo intese la voce dell’angelo della morte. Nel suo testamento, coll’assenso tacito de’ suoi compagni, commise lo scettro alla ferma ed intrepida virtù di Omar. „Non ho mestieri di questa dignità,„ disse il modesto Musulmano. „Ma la dignità ha bisogno di te,„ gli rispose Abubeker, il quale si morì pregando fervorosamente il Dio di Maometto, perchè volesse ratificare quella scelta, ed inspirare a’ Musulmani sommessione e concordia. [A. D. 634] Fu esaudita la sua orazione, poichè Alì si diede tutto alla solitudine e alla pre-
- ↑ Ockley (Hist. of the Saracens, vol. I, p. 5, 6) suppone, aderendo ad un manoscritto Arabo, che non piacesse ad Ayesha veder suo padre per successore all’appostolo. Questo fatto, già sì poco verosimile in sè, non si legge nè in Abulfeda, nè in Al-Iannabi, nè in Al-Bochari: ma quest’ultimo cita una tradizione intorno ad Ayesha, provenuta da lei medesima (in vit. Mohammed, pag. 136; Vie de Mahomet, t. III, p. 236).