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dell'impero romano cap. l 117


Aspetterà forse il lettore che nel termine della vita di Maometto io mi faccia ad esaminare i suoi errori e le sue virtù, e a decidere se quest’uomo straordinario abbia meritato più il titolo d’entusiasta, o quello d’impostore. Quando avessi vissuto familiarmente col figlio d’Abdallah, difficile sarebbe l’impegno e incerto il successo; ma dopo dodici secoli, mi si presentano confusi i delineamenti di questo Profeta fra i religiosi nugoli di incenso; e se potessi pur un istante ravvisarli, questa incerta rassomiglianza non s’affarebbe ugualmente al solitario del monte Hera, al predicatore della Mecca e al vincitor dell’Arabia. Quest’uomo destinato a divenir l’autore di sì gran rivoluzione, era nato, per quanto pare, con un’inclinazione alla pietà e alla contemplazione: quando pel suo matrimonio fu immune dal bisogno, evitò la strada dell’ambizione e dell’avarizia; visse innocente sino all’età di quarant’anni, e se fosse morto allora non avrebbe avuto alcuna celebrità. L’unità di Dio è un’idea conformissima alla natura e alla ragione; dal solo conversare una volta co’ Giudei e co’ Cristiani potè apprendere a spregiare e a detestare l’idolatria della Mecca. Era ufficio di uomo e di cittadino pubblicar la dottrina della salute, e togliere dal peccato e dall’orrore la patria. È agevole cosa a concepirsi che uno spirito inteso co-

    lattia, la morte e la sepoltura di Maometto. I particolari più secreti e rilevanti furono descritti nel principio da Ayesha, da Alì, da’ figli d’Abbas, ec.; e abitando essi in Medina, e avendo sopravvissuto al Profeta molt’anni, poterono ripetere que’ pii racconti ad una seconda e terza generazione di pellegrini.