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dell'impero romano cap. l 113

stato da una Ebrea avvelenato a Chaibar1. La sua salute per quattro anni andò di giorno in giorno languendo; s’aggravarono le sue infermità, e finalmente morì d’una febbre di quattordici giorni, che per intervalli gli tolse la ragione. Vedendosi al termine della sua carriera mortale, pensò ad edificare i suoi fratelli con singolare umiltà. „Se v’ha, diss’egli dall’alto della sua cattedra, se v’ha alcuno che io abbia ingiustamente percosso, mi sottometto alla sferza della rappresaglia. Se ho macchiata la riputazion d’un Musulmano, divulghi pur egli i miei falli davanti alla congregazione. Se ho spogliato delle sue sostanze un fedele, serva quel poco che possedo a pagare il capitale e il frutto del debito„. „Sì, gridò una voce di mezzo alla folla, ho ragion di pretendere tre dramme d’argento„. Maometto trovò giusta la domanda, pagò la somma richiesta, e rendè grazie

    metto pativa accessi epilettici, e questa asserzione è con trasporto ammessa dal goffo bigottismo dell’Hottinger (Hist. orient. p. 10, 11), del Prideaux (Vie de Mahomet, p. 12) e del Maracci (t. II), Alcoran. (pag. 762, 763). I titoli dei due capitoli del Corano (73, 74), denominati l’avviluppato ed il coperto, citati in pruova di questo fatto, s’adattano male a questa interpretazione. È più decisivo il silenzio o l’ignoranza de’ commentatori Musulmani che una negativa perentoria; ed Ockley (Hist. of the Saracen., t. I, pag. 301), il Gagnier (ad Abulfeda, p. 9, Vie de Mahomet, t. I. p. 118) e il Sale (Koran, p. 469-474) si attengono alla parte più caritatevole.

  1. Abulfeda (p. 92) ed Al-Jannabi (apud Gagnier, t. II, p. 286-288), suoi partigiani zelanti, francamente confessano il fatto del veleno, il cui effetto era tanto più obbrobrioso, poichè la donna, che glielo diede, aveva avuta intenzione di smascherare così l’impostura del Profeta.