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dell'impero romano cap. l 109

[A.D. 629-630] Quando Eraclio tornò trionfante dalla guerra Persiana, ricevette in Emeso un inviato di Maometto, che invitava i potentati e le nazioni della terra a professare l’Islamismo. Gli Arabi fanatici in questo avvenimento han veduto una pruova della conversione secreta di quell’imperatore cristiano; e la vanità de’ Greci ha supposto per la sua parte che fosse venuto in persona il principe di Medina a visitare l’imperatore, e avesse dalla munificenza imperiale accettato un ricco demanio, e un asilo sicuro nella provincia di Siria1; ma fu di breve durata l’amistà d’Eraclio e di Maometto: aveva la nuova religione risvegliato anzichè indebolito lo spirito di rapina ne’ Saraceni, e dall’uccisione d’un inviato si colse un motivo onesto d’invadere con tremila soldati il territorio della Palestina che si stende all’oriente del Giordano. A Zeid fu affidata la santa bandiera, e tale fu il fanatismo, se non la disciplina, della Setta nascente, che i capitani più nobili militarono di buon grado sotto lo schiavo del Profeta. Morendo Zeid, dovea essergli successivamente surrogati Jaafar, ed Abdallah, e se venivano a perire tutti tre, aveano facoltà i soldati di eleggersi il generale. Questi tre di fatto rimasero uccisi alla bat-

    Elmacin (pag. 10, 11) ed Abulfaragio (p. 103) raccontano gli ultimi conquisti, e il pellegrinaggio ultimo di Maometto. Il nono anno dell' Egira fu denominato l'anno delle ambasciate. (Gagnier, Not. ad Abulfed., p. 121).

  1. Si confronti il superstizioso Al-Iannabi (ap. Gagnier, t. II, p. 232-255) con Teofane (p. 276-278), con Zonara (t. II, l. XIV, p. 86) e con Cedreno (p. 421), Greci non meno di lui superstiziosi.