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104 storia della decadenza

memoria delle ingiurie sofferte avrebbero i suoi discepoli con grande ardore eseguito, o forse anticipato l’ordine della strage. Anzichè satisfare al risentimento proprio, e a quello delle sue soldatesche, Maometto proscritto e vittorioso1 perdonò a’ suoi concittadini, e conciliò le fazioni della Mecca. Entrarono nella città i suoi soldati in tre colonne; ventotto cittadini perirono sotto il ferro di Caled. Maometto proscrisse undici uomini e sei donne; ma biasimò la crudeltà del suo luogotenente, e la sua clemenza o il disprezzo risparmiarono parecchi di coloro ch’egli avea già notati per vittime. I Capi de’ Koreishiti si prostrarono a’ suoi piedi, ed egli disse loro: „che potete aspettare da un uomo che avete oltraggiato?„ — Noi confidiamo nella generosità del nostro concittadino. — Nè confiderete in vano; andate; la vostra vita è sicura, e voi siete liberi.„ Il popolo della Mecca meritò il suo perdono, dichiarandosi per l’Islamismo, e dopo un esiglio di sette anni, venne riconosciuto il missionario fuggiasco qual principe e Profeta del suo paese2; ma i trecento sessanta idoli della Caaba

  1. Solo dopo il conquisto della Mecca il Maometto di Voltaire immagina e compie i più orrendi misfatti. Confessa il Poeta che non ha fondamento storico, e si contenta a dire per sua giustificazione, „che chi fa la guerra alla patria in nome di Dio, è capace di tutto„. (Oeuvr. de Voltaire, t. XV, p. 282). Questa massima non è nè caritatevole nè filosofica, e si dee poi certamente portare un po’ di rispetto alla gloria degli eroi, e alla religione de’ popoli. So poi che la rappresentazione di quella tragedia scandolezzò forte un ambasciatore Turco che allora stava a Parigi.
  2. Si disputa tuttavia da’ dottori Musulmani su la quistione se la Mecca fosse soggiogata dalla forza, o se ella si sotto-