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102 storia della decadenza

verso la Mecca1, e da’ più santi e più forti impulsi sentiva in sè suscitata la smania di rientrare da conquistatore in quella città, e in quel Tempio, da cui era stato espulso; o vegliando, o dormendo, sempre avea davanti agli occhi la Caaba: egli interpretò certo suo sogno come una visione ed una profezia; spiegò la santa bandiera, e si lasciò sfuggire di bocca l’imprudente promessa di trionfo. Il suo viaggio da Medina alla Mecca non annunciava che una peregrinazione religiosa e pacifica; settanta cammelli ornati pel sacrificio precedeano la sua vanguardia. Rispettò il territorio sacro, e poterono i prigionieri, rimandati senza riscatto, divolgare la sua clemenza; ma come ebbe messo piede nella pianura, lontano dalla città una giornata, esclamò: „Coloro si sono vestiti di pelle di tigre„. Fu arrestato dalla moltitudine e dal valore de’ Koreishiti, e aveva a temere non gli Arabi del deserto, trattenuti sotto le sue insegne dalla speranza del bottino, abbandonassero poi e tradissero il lor capitano. In un momento l’imperterrito fanatico si trasformò in un freddo e circospetto politico, omise nel trattato co’ Koreishiti la qualità di appostolo di Dio, segnò con essi e co’ loro alleati una tregua di dieci anni; s’impegnò a restituire i fuggiaschi della Mecca che abbracciassero la sua religione, e ottenne solamente per patto l’umile privilegio d’entrare nella Mecca l’anno dopo, come amico, e di rimanervi tre giorni per terminare le cerimonie

  1. Abulfeda (p. 84-87, 97-100, 102-111), Gagnier (t. II, p. 209-245, 309-322; t. III, p. 1-58), Elmacin (Hist. Saracen., p. 8, 9, 10), Abulfaragio (Dynast., p. 103), narrano i progressi della impresa per assoggettare la Mecca.