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dell'impero romano cap. xliii. |
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le dottrine, ed erano instigati dal Clero della setta Arriana: e la causa dello spergiuro e della ribellione veniva santificata dal fanatismo che si arroga la facoltà di dispensare da ogni dovere. Gli Arriani deplorarono la rovina della lor Chiesa che per più di un secolo aveva trionfato nell’Affrica, e giustamente erano adontati per le leggi del Conquistatore, che proibivano il Battesimo dei loro figliuoli e l’esercizio di ogni Culto religioso. La massima parte dei Vandali, scelti da Belisario, dimenticarono la loro patria e la lor religione negli onori dell’Orientale servizio. Ma una generosa schiera di quattrocento di loro costrinse i marinai, quando furono in vista dell’Isola di Lesbo, a volgere il corso altrove: essi approdarono nel Peloponneso, poi diedero in secco sopra la costa deserta dell’Affrica, ed audacemente rizzarono, sul monte Aurasio, la bandiera dell’indipendenza e della rivolta. Nel tempo che le truppe della provincia ricusavano di obbedire ai loro superiori, in Cartagine si tramava una congiura contro la vita di Salomone, il quale onorevolmente teneva il luogo di Belisario: e gli Arriani avevano piamente deliberato di sacrificare il Tiranno al piede degli altari, durante la celebrazione degli augusti misteri della festa di Pasqua. Il timore ed il rimorso rattenne i pugnali degli assassini, ma la pazienza di Salomone porse ardire ai malcontenti, ed in capo a dieci giorni, si accese nel Circo una sedizione furiosa, che desolò l’Affrica per più di dieci anni. Il saccheggio delle città e l’indistinto scempio de’ suoi abitatori, non furono sospesi che dalle tenebre, dal sonno e dall’ubbriachezza: il Governatore con sette compagni, tra quali era lo storico Procopio, se ne fuggì in Sicilia. Due terzi dell’esercito partecipa-