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storia della decadenza |
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dagli usurpatori di tutti i secoli, egli imputa alla Divinità i suoi propri misfatti; e, senza degradare la sua regal maestà, offre di riconciliare la lunga discordia delle due nazioni, mediante un trattato di pace e di alleanza, più perenne del ferro e del bronzo. Le condizioni dell’accordo vennero definite con facilità, e con fedeltà eseguite. Nel ricovrare gli stendardi ed i prigionieri, caduti in mano a’ Persiani, l’Imperatore imitò l’esempio di Augusto; la cura avuta da ambidue della nazional dignità, fu celebrata da’ poeti del lor tempo: ma si può misurare la decadenza dell’ingegno dalla distanza che corre tra Orazio e Giorgio di Pisidia. I sudditi e confratelli di Eraclio furono redenti dalla persecuzione, dalla schiavitù e dall’esilio; ma in luogo delle aquile Romane, le calde dimande del successore di Costantino si fecero restituire il vero legno della Santa Croce. Il vincitore non ambiva di estendere la debolezza dall’Impero; il figlio di Cosroe abbandonò senza rammarico le conquiste del padre; i Persiani che sgomberarono le città della Siria e dell’Egitto, furono onorevolmente condotti alla frontiera, ed una guerra che avea intaccato le parti vitali delle due monarchie non partorì alcun cangiamento nella loro situazione relativa ed esterna. Il ritorno di Eraclio da Tauride a Costantinopoli, fu un trionfo perpetuo; e dopo le imprese di sei gloriose campagne, egli pacificamente godè il sabbato delle sue fatiche. Il Senato, il Clero ed il Popolo andarono all’incontro dell’eroe lungamente aspettato, spargendo lagrime, alzando applausi, portando rami d’olivo ed innumerevoli fiaccole. Egli entrò nella capitale in un cocchio tirato da quattro elefanti; e tosto che l’Imperatore potè sbrigarsi dal tumulto della pubblica