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il senso della vergogna dovea trarlo ad affrontare il suo rivale nel campo. Alla battaglia di Ninive, il suo coraggio avrebbe dovuto insegnare ai Persiani come si vince, ovvero cadere con onore sotto la lancia dell’Imperatore Romano. Il successore di Ciro prescelse di aspettare, in sicura distanza, l’evento; di raunare le reliquie della disfatta, e di ritirarsi a misurati passi innanzi il marciare di Eraclio, insino a che mirò con sospiro le sedi una volta sì amate di Dastagerda. I suoi amici e nemici credevano del pari che Cosroe intendesse di seppellire se stesso sotto le rovine della città e della reggia: e siccome tanto questi che quelli si sarebbero opposti alla sua fuga, il Monarca dell’Asia, insieme con Sira, e tre concubine, fuggì per un pertugio di muro, nove giorni prima che i Romani arrivassero. La lenta e magnifica processione con che il monarca Persiano solea mostrarsi alla turba prostrata, cangiossi allora in un rapido viaggio secreto; e la prima sera egli alloggiò nella capanna di un bifolco, il cui umile uscio appena poteva dar accesso al Gran Re1. La sua superstizione fu vinta dal timore; egli entrò, dopo tre giorni, con gioia nelle fortificazioni di Ctesifonte: nè tuttavia si reputò ben securo finchè non ebbe opposto la corrente del Tigri alle incalzanti armi Romane. La scoperta della sua fuga ingombrò di terrore e di tumulto la reggia, la città ed il campo di Dastagerda: i Satrapi esitarono se dovessero più te-

  1. Sono da notarsi le espressioni di Teofane: Εισηλθε Χοσροης εις οικον γοωργου μηδαμινου μειναι, ου χωρηθεις εν τουτου θυρα ην ιδων εσχατον Ηρακλειος εθαμασε (p. 269). I giovani principi che danno segni d’avere inclinazione per lo stato militare, dovrebbero trascrivere e tradurre soventi passi di questa natura.