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410 storia della decadenza

sette giorni i monti del Curdistan, e passò senza resistenza il rapido corrente del Tigri. Oppressa dal peso delle spoglie e de’ prigionieri, l’armata Romana fece alto sotto le mura di Amida; ed Eraclio informò il senato di Costantinopoli ch’egli era salvo e vittorioso, del che già aveano avuto sentore per la ritirata degli assedianti. I Persiani distrussero i ponti sull’Eufrate: ma tosto che l’Imperatore ebbe scoperto un guado, frettolosamente si ritirarono a difendere le rive del Saro1 nella Cilicia. Questo fiume, od impetuoso torrente, era largo forse trecento piedi: fortificato con alte torri era il ponte, e le sponde erano coperte di Barbarici arcieri. Dopo un sanguinoso conflitto, che durò fino a sera, i Romani prevalsero nell’assalto, ed un Persiano di gigantesca statura fu ucciso e gettato nel Saro dalla mano stessa dell’Imperatore. Si sbandarono scoraggiati i nemici, Eraclio proseguì la sua marcia fino a Sebaste in Cappadocia, ed in capo a tre anni, la stessa costa dell’Eussino applaudì il suo ritorno da una spedizione lunga e vittoriosa2.

[A. D. 626] In vece di scaramucciare sulle frontiere, i due monarchi che si contendevano l’Impero dell’Oriente, dirizzarono i disperati lor colpi al cuore del loro rivale. Le forze militari della Persia aveano sofferto assai per

  1. Il Sarecs della larghezza di tre plethri circa, distante da Tarso venti parasanghe fu passato dall’esercito di Ciro. Il Pyramo o Malmistra d’uno stadio circa di larghezza scorreva cinque parasanghe più all’Oriente. (Senofonte, Anabas l. 1, p. 33, 34).
  2. Con molta ragione Giorgio di Pisidia (Bell. Abaricum 246-265, p. 49) esalta il perseverante coraggio delle tre campagne (τρεις περιξρομους) contro i Persiani.