Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VIII.djvu/41


dell'impero romano cap. xlii. 37

deltà che colpisce le teste più sublimi, quegli schiavi ambiziosi, la cui volontaria scelta gli ha esposti a vivere de’ sorrisi od a morir pel cipiglio di un capriccioso monarca. Nell’eseguire le leggi che tentato egli non era ad infrangere, nel punire i delitti che offendevano la propria sua dignità ugualmente che la felicità degli individui, Nushirvano, o Cosroe meritò il soprannome di giusto. Fermo, rigoroso ed imparziale ne era il governo. Prima cura del suo regno fu di abolire la pericolosa teoria della comunanza od uguaglianza dei beni. Le terre e le donne che i settari di Magdak avevano usurpate, furono restituite ai legittimi lor proprietarj; e il moderato castigo inflitto ai fanatici ed agli impostori confermò i domestici diritti della vita sociale. In cambio di porger orecchio con cieca fiducia ad un ministro favorito, egli stabilì quattro Visiri sopra le quattro grandi province del suo impero l’Assiria, la Media, la Persia, e la Battriana. Nella scelta dei giudici, dei prefetti e dei consiglieri, egli cercava di tor via la maschera che si suole portare alla presenza dei Re. Era vago di sostituire il naturale ordine dei talenti alle accidentali distinzioni della nascita e della fortuna; speciosamente professava la sua intenzione di anteporre quegli uomini che portavano il povero nel loro seno, e di bandire la corruzione dalla sede della giustizia, come i cani sono esclusi dai templi dei Magi. Il codice delle leggi del primo Artaserse fu richiamato a vita e pubblicato come norma dei magistrati; ma la sicurezza di una pronta punizione porgeva la miglior garanzia della loro virtù. Migliaja d’occhi invigilavano sulla loro condotta, ed ascoltate n’erano le parole dalle migliaja di orecchie dei segreti o pubblici agenti del trono, e le province