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dell'impero romano cap. xlvi. | 399 |
scosse dal letargo all’ultima insolente domanda del conquistatore Persiano; ma nel momento in cui Eraclio sfolgorò come un eroe, le sole speranze dei Romani eran poste nelle vicende della fortuna, che potea minacciare l’orgogliosa prosperità di Cosroe, e mostrarsi favorevole a quelli ch’erano aggiunti all’ultimo periodo della depressione1. Prima cura dello Imperatore fu il provvedere alle spese della guerra; ed affine di raccogliere il tributo invocò la benevolenza delle province Orientali. Ma l’entrata più non discorreva per gli usati canali; il credito di un Principe arbitrario è annichilato dal suo stesso potere; ed il coraggio di Eraclio si spiegò prima di tutto nel prendere in prestito le consacrate ricchezze delle Chiese col voto solenne di restituire, con usura, tuttociò che sarebbe costretto ad impiegare in servizio della Religione e dell’Impero. Pare che il clero istesso fosse commosso dalla pubblica infelicità, e l’oculato Patriarca d’Alessandria, senza voler permettere un sacrilegio assistette il suo sovrano, mediante la miracolosa od opportuna rivelazione di un tesoro secreto2. Dei
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Ει τας επ᾿ ακρον ηρμενας ευεζιας
Εσφαλαμενας λεγουσιν ουκ απεικοτως
Κεισθω το λδίπον εν καικος τα Περσιδος
Αντίστροφκ δε, etc.
Georg. Pisid. Acroas. 1, 51, pag. 4.Gli Orientali provano pur essi la più gran compiacenza di ricordare queste sì strane vicende; e mi rammento benissimo la storiella di Cosrou Parviz che molto non varia da quella dell’anello di Policrate di Samos.
- ↑ Baronio ci fa con tutta gravità il racconto di questa