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dell'impero romano cap. xlvi. 393

vegliavano dodicimila schiavi, e nel novero di tremila vergini, le più bello dell’Asia, qualche fortunata concubina consolava talvolta il suo Signore della vecchiezza o dell’indifferenza di Sira. I vari tesori d’oro, d’argento, di gemme, di seta e di aromati, stavano rinchiusi in cento sotterranee volte, e la camera Badaverde denotava l’accidentale dono dei venti che recato aveano le spoglie di Eraclio in uno de’ porti della Siria occupati dal suo rivale. La voce dell’adulazione, e forse della finzione, non arrossisce di contare i trentamila ricchi tappeti onde le pareti erano adorne; le quarantamila colonne di argento, o più probabilmente di marmo e di legno coperte di lastre di argento, che sostenevano i tetti; ed i mille globi d’oro sospesi da una cupola, ad imitare i moti de’ pianeti e le costellazioni del zodiaco1. Intanto che il monarca Persiano stava contemplando le meraviglie della sua arte e del suo potere, egli ricevè una lettera da un oscuro cittadino della Mecca, che lo invitava a riconoscere Maometto come l’apostolo di Dio. Il Re disdegnò l’invito, e fece a pezzi la lettera. „Ed in questa guisa„, sclamò il profeta Arabo, „Iddio farà a pezzi il regno, e disdegnerà le suppliche di Cosroe„. Posto sui limiti dei due vasti Imperi dell’Oriente2, Mao-

  1. Teofane, Cronograph., p. 268, e d’Herbelot, Bibl. Orient. p. 997. I Greci ci descrivono Dastagerda nel momento del suo declinamento, invece che i Persi ce la rappresentano nell’epoca del suo maggior splendore; ma i primi non parlano che con sincerità su quanto sono stati testimoni di veduta; ed i secondi non narrano che quanto loro è stato vagamente riferito.
  2. Gli storici di Maometto, Abulfeda (in vita Mohammed, p. 92, 93) e Gagniero (Vita di Maometto, t. II, p. 247).