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dell'impero romano cap. xlvi. 389

Il sepolcro di Cristo, e le magnifiche Chiese di Elena e di Costantino, vennero consumate od almeno guaste dalle fiamme; ed un solo giorno sacrilego vide poste a sacco le devote offerto di trecent’anni; il vincitore fece trasportare in Persia il Patriarca Zaccaria e la Vera Croce, e lo scempio di novantamila Cristiani viene imputato agli Ebrei ed agli Arabi che aumentavano il disordine della marcia Persiana. I fuggitivi della Palestina furono accolti in Alessandria dalla carità dell’Arcivescovo Giovanni, il quale fra la turba de’ Santi vien distinto coll’epiteto di Elemosiniere1, e le rendite della Chiesa, insieme con un tesoro di trecentomila lire sterline, furono restituite ai veri loro proprietarj, i poveri di ogni paese e d’ogni denominazione. Ma l’Egitto medesimo, la sola provincia, che, dal tempo di Diocleziano in poi, fosse andata esente dalla guerra straniera ed interna, fu di nuovo soggiogato dai successori di Ciro. Pelusio, la chiave di quell’impenetrabil paese si lasciò sorprendere dalla cavalleria de’ Persiani; impunemente essi varcarono gl’innumerabili canali del Delta e scorsero la lunga valle del Nilo, dalle piramidi di Menfi sino ai confini dell’Etiopia. Alessandria avrebbe potuto venir soccorsa da una forza navale, ma l’Arcivescovo ed il Prefetto s’imbarcarono alla volta di Cipro, e Cosroe entrò nella seconda città dell’Impero, che ancor serbava un dovizioso avanzo d’industria e di commercio. L’occidentale trofeo del Gran Re fu innalzato, non sulle

  1. Il Vescovo Leonzio, suo contemporaneo, scrisse la vita di questo degno prelato. Baronio (Ann. eccles. A. D. 610, n. 10) e Fleury (tom. VIII, p. 235, 242) hanno dato sufficienti notizie di quest’opera edificante.