Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VIII.djvu/376

372 storia della decadenza

patria, od una generosa superstizione più non potevano rinvigorire gli esanimi corpi degli schiavi e degli stranieri, succeduti agli onori delle legioni. Egli era nel solo campo, che l’Imperatore avrebbe dovuto esercitare un comando dispotico; ed era nel solo campo che la sua autorità veniva disobbedita e vilipesa. Egli sedava ed accendeva coll’oro la licenza delle sue truppe; ma inerenti ad esse i vizi, accidentali erano le loro vittorie, e il dispendioso lor mantenimento struggeva le sostanze di uno Stato che non erano atte a difendere. Dopo una lunga e perniciosa indulgenza, Maurizio apprestossi a curare questo inveterato male: ma il temerario tentativo, che trasse la perdizione sopra il suo capo, ad altro non servì che ad aggravare il disordine. Un riformatore non dee soggiacere ad alcun sospetto d’interesse, e convien che possegga la confidenza e la stima di coloro che vuol riformare. Le truppe di Maurizio avrebbero forse ascoltato la voce di un condottier vittorioso; ma dispregiarono le ammonizioni degli statisti e de’ sofisti, e quando ricevettero un editto che sottraeva dalla lor paga il prezzo delle armi e delle vesti loro, essi esecrarono l’avarizia di un Principe che non tenea conto alcuno de’ pericoli e dei travagli a’ quali ei s’era sottratto. I campi sì d’Asia che d’Europa, agitati furono da sedizioni frequenti e furiose1; gli sdegnosi soldati di Edessa perseguirono, con rampogne, minacce e ferite, i tremanti lor Generali: essi rovesciarono le statue dell’Imperatore, scagliaron sassi contro l’immagine miracolosa di Cristo,

  1. Vedi le particolarità degli ammutinamenti avvenuti sotto il regno di Maurizio in Teofilatto, l. III, c. 1-4; l. VI, c. 7, 8, 10; l. VII, c. 1; l. VIII, c. 6, etc.