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dell'impero romano cap. xlvi. 369

stantinopoli, scambiò i pensieri di guerra in pensieri di devozione, e deluse la pubblica aspettativa colla sua assenza e colla scelta de’ suoi Luogotenenti. La cieca parzialità dell’amor fraterno può scusarlo di aver posto a comandante il suo germano Pietro, il quale, con egual vitupero, fuggì innanzi ai Barbari, innanzi a’ suoi propri soldati, ed innanzi agli abitanti di una città Romana. Questa città, se dobbiamo dar fede alla somiglianza del nome e del valore, era l’antica Azimunto1, che sola avea respinto la tempesta di Attila. Propagossi l’esempio della guerriera sua gioventù nelle generazioni seguenti; ed essi ottennero, dal primo o dal secondo Giustino, il decoroso privilegio che al lor solo valore fosse affidata la difesa della nativa loro città. Il fratello di Maurizio tentò di violare questo privilegio, e di mescolare una schiera di que’ cittadini co’ mercenari del suo campo. Si ritrassero essi in chiesa, ma la santità del luogo non lo rattenne: sollevossi allora il popolo in lor favore, chiuse venner le porte, cinte di armati le mura, e la vigliaccheria di Pietro si mostrò pari alla sua arroganza ed ingiustizia. La celebrità militare di Commenziolo2 è l’argomento

    un eroe, e la ragione di un savio, ci prova chiaramente quanto Omero fosse, sotto ogni aspetto, superiore al suo secolo ed al suo paese.

  1. Teofilatto. (l. VII, c. 3) Sulla testimonianza di questo fatto, che m’era sfuggito dalla memoria, il candido lettore scuserà e correggerà l’annotazione trentesimasesta del trentaquattresimo capitolo ove mi sono troppo affrettato a raccontare la rovina d’Azimo o Azimunto. Un altro secolo di valore e di patriottismo, non è pagato a troppo caro prezzo con una tal confessione.
  2. Vedi l’obbrobriosa condotta di Commenziolo in Teofilatto, l. II, c. 10-15; l. VII, c. 13, 14; l. VIII, c. 2, 4.