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cerità de’ Greci1, mentre non cedeva egli stesso alle più incivilite nazioni ne’ raffinamenti della dissimulazione e della perfidia. Come successore de’ Lombardi, il Cacano pretendeva al possesso dell’importante città di Sirmio, antico baluardo delle province Illiriche2. Le pianure dell’Ungheria inferiore si coprirono di cavalli Avari e si costrinse nella selva Ercinia un gran numero di grosse barche per discendere il Danubio e trasportar nella Sava i materiali di un ponte. Ma il forte presidio di Singiduno, che dominava il confluente de’ due fiumi, poteva impedire il passaggio, e mandar a vuoto i disegni del Cacano. Egli sgombrò i timori della guernigione solennemente giurando, che le sue mire non erano ostili all’Impero. Egli giurò per la sua spada simbolo del Nume della guerra, di non fabbricare un ponte sulla Sava, in qualità di nemico di Roma. „Se io rompo il mio giuramento„, proseguì l’intrepido Bajano, „possa io stesso e l’ultimo della mia nazione perire di spada! possano il firmamento ed il fuoco, divinità de’ cieli cadere sul nostro capo! possano i boschi ed i monti seppellirci sotto le loro rovine! e possa la Sava, retrocedendo contro lei leggi della natura, alla sua fonte, sommergerci nelle sdegnate sue acque!„ Dopo questa barbarica imprecazione, egli tranquillamente chiese qual giuramento

  1. Teofilatto, l. VI, c. 6; l. VII, c. 16. Lo Storico greco confessa la verità e l’aggiustatezza del rimprovero del Cacano.
  2. Menandro (in Excerpt. legat., p. 126-132, 174, 175) ci riferisce il falso giuramento di Bajano e la resa di Sirmio; ma si è perduta la sua storia dell’assedio della quale Teofilatto parla con encomio (l. I, c. 3) το δ’οπως Μενανδρω τω περιφανει σαφως διηγορευται.