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esaudiva le sue preghiere e gli appariva ne’ sogni. Egli arricchì d’oro e d’argento l’urna di questo Santo, ed ascrisse all’invisibile suo patrocinio i prosperi successi delle sue armi, e la fecondità di Sira, Cristiana zelante, e la prediletta delle sue mogli1. La bellezza di Sira, o Schirin2, l’ingegno, la musicale abilità di lei, vivono tuttora famose nelle istorie o più veramente ne’ romanzi dell’Oriente: il suo nome, in lingua persiana, significa grazia e salvezza, e l’epiteto di Parviz allude alle attrattive del reale suo amante. Ma Sira mai non sentì la passione ch’ella inspirava, e la felicità di Cosroe fu tormentata dal dubbio geloso che mentre egli ne possedeva la persona, ella avesse compartito i suoi affetti ad un più basso amatore3.

    lo possedeva venne commutato il nome di Rasafa in quello di Sergiopoli. (Tillemont, Mém. eccles. t. V, p. 491-496; Butler’s Saints, vol. X, p. 155).

  1. Evagrio (l. VI, c. 21) e Teofilatto Simocatta (l. V, c. 13, 14) ci hanno conservato e tramandato le lettere originali di Cosroe scritte in greco, sottoscritte di suo pugno, e successivamente inscritte su croci e tavole d’oro, deposte nella Chiesa di Sergiopoli; erano indirizzate al Vescovo di Antiochia qual Primate della Siria.
  2. I Greci non dicono altro se non che era di stirpe romana e che aveva abbracciato il cristianesimo; ma i romanzi della Persia e della Turchia la significano figlia dell’Imperatore Maurizio: descrivono gli amori di Cosroe per Schirin e gli amori di Schirin per Ferhad, il più avvenente fra i giovinetti dell’Oriente (D’Herbelot, Bibl. Orient. p. 789, 997, 998).
  3. Sono due Greci contemporanei, cioè Evagrio con uno stile conciso (l. XI, c. 16, 17, 18, 19) e Teofilatto Simocatta (l. III, c. 6-18; l. IV, c. 1-16; l. V, c. 1-15) diffusissimamente, che ci hanno lasciato la storia compiuta della tirannide di Ormuz, della ribellione di Bahram, della fuga e del