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dell'impero romano cap. xlvi. |
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ria di Maurizio nel lungo e fortunato regno del suo figlio ed alleato. Una schiera di mille Romani, che continuò a fare la guardia alla persona di Cosroe, manifestò la sicurezza da lui posta nella fedeltà degli stranieri. L’accrescimento delle sue forze gli permise di licenziare quest’ajuto poco gradito al popolo, ma tenace egli mostrossi nel professare la stessa gratitudine e reverenza all’adottivo suo padre; e sino alla morte di Maurizio, la pace e l’alleanza fra i due Imperj fedelmente fu mantenuta. Non di meno la venale amicizia del Principe romano s’era mercata con doni importanti e preziosi. Il Re di Persia restituì le due forti città di Martiropoli e Dara, ed i Persarmeni divennero con piacere i sudditi di un Imperio, i cui limiti orientali si stendevano, oltre l’esempio de’ tempi antichi, sino alle rive dell’Arasse ed alle addiacenze del Mar Caspio. Si allettava una pia speranza che la Chiesa non men che lo Stato dovesse trionfare in quella rivoluzione; ma se Cosroe avea con sincerità dato ascolto ai Vescovi cristiani, cancellata ne fu l’impressione dallo zelo e dall’eloquenza de’ Magi: e se di filosofica indifferenza era armato, egli accomodò o parve accomodare la sua fede, o per meglio dire la sua professione di fede, alle varie circostanze di un esule e di un sovrano. L’immaginaria conversione del Re di Persia si ridusse ad una locale e superstiziosa venerarazione per Sergio1, uno de’ Santi di Antiochia, che
- ↑ Si pretende che Sergio e Bacco suo compagno abbiano conseguito la corona del martirio nel tempo della persecuzione di Massimiano. In Francia, in Italia, a Costantinopoli e per tutto l’Oriente gli vennero resi gli onori divini. Tanto era celebre il loro sepolcro pei miracoli, che alla città che