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dell'impero romano cap. xlvi. 357

ed ai pregiudizj della nazione. La reggia fu bentosto agitata dalle congiure, e la città da’ tumulti; arse nelle province la fiamma della sollevazione; ed il crudele supplizio dei colpevoli e dei sospetti, servì ad irritare anzi che a soffocare il pubblico disgusto. Non sì tosto il nipote di Nushirvan ebbe spiegate le sue e le romane bandiere di là dal Tigri, che di giorno in giorno egli si vide raggiunto dalla crescente folla della nobiltà e del popolo; ed a misura che inoltravasi, riceveva da ogni canto la gradita offerta delle chiavi delle città e delle teste de’ suoi nemici. Appena Modain fu libera dalla presenza dell’usurpatore, i leali cittadini obbedirono alla prima intimazione che lor fece Mebode alla testa di non più di dugento cavalli, e Cosroe accettò i sacri e preziosi ornamenti della reggia, come pegni della lor fede, e presagj del vicino successo felice. Operata che fu la congiunzione delle truppe Imperiali, che Bahram vanamente si sforzò d’impedire, fu decisa la gran contesa in due battaglie sulle rive del Zab, e su i confini della Media. I Romani, uniti ai Persiani fedeli al lor Re, montavano a sessantamila, mentre tutta la forza dell’usurpatore non passava quarantamila soldati; i due Generali fecero chiara prova di abilità e di valore; ma la vittoria finalmente fu determinata dalla prevalenza del numero e della disciplina. Cogli avanzi di un’armata in rotta, Bahram fuggì verso le province Orientali dell’Oxo: la nimistà della Persia lo riconciliò coi Turchi; ma accorciati furono dal veleno i suoi giorni, dal più incurabile forse di tutti i veleni, la puntura del rimorso e della disperazione, e la più amara rimembranza della gloria perduta. Non pertanto i moderni Persiani tuttora rammemorano le imprese di