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dell'impero romano cap. xlii. |
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e prospero ne fosse il Regno, che una stretta alleanza, scevra d’invidia e di frode, potesse per sempre durare tra le due più potenti nazioni della Terra. La risposta di Disabul si confece a queste proteste amichevoli, e gli Ambasciatori furono fatti sedere al suo lato, in un banchetto che occupò la maggior parte del giorno; parata era la tenda di seriche tappezzerie, e fu servito a tavola un liquor tartaro che possedeva almeno le qualità inebbrianti del vino. Più sontuoso fu il convito del giorno seguente; i serici addobbi della seconda tenda presentavano varie figure in ricamo; e la sedia reale, le coppe ed i vasi erano tutti d’oro. Un terzo padiglione veniva sostenuto da colonne di legno dorato; un letto di oro puro e massiccio sorgeva sopra quattro pavoni dello stesso metallo: e davanti all’ingresso della tenda si vedevano piatti, bacili, e statue di solido argento, lavorati con ammirabil arte, e sfarzosamente ammonticchiati sopra carri, monumenti del valore più che dell’industria. Allorchè Disabul condusse i suoi eserciti contro le frontiere della Persia, gli Ambasciatori romani seguirono per molti giorni la marcia del Campo Turco, nè furono congedati, sinchè non ebbero goduto la precedenza sopra l’Oratore del Gran Re, i cui alti ed immoderati clamori interruppero il silenzio del banchetto reale. La potenza e l’ambizione di Cosroe assodarono l’unione dei Turchi e dei Romani, che confinavano da ogni banda coi dominj di esso: ma queste distanti nazioni, non curandosi una dell’altra, consultarono i dettami dell’interesse, senza rammentarsi le obbligazioni de’ giuramenti e de’ trattati. Al tempo in che il successore di Disabul celebrò le esequie del padre, egli fu salutato dai Legati dell’Imperatore Ti-