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dell'impero romano cap. xlvi. | 341 |
anzi che avesse resistito, ai conquistatori dell’Oriente. Dopo la disfatta di Abrahah sotto le mura della Mecca, la discordia de’ suoi figli e fratelli aperse un facile ingresso ai Persiani. Questi cacciarono gli stranieri dell’Abissinia oltre il Mar Rosso; ed un Principe natio, discendente dagli antichi Omeriti, fu riposto sul trono, come vassallo o vicerè del gran Nushirvan1. Ma il nipote di Giustiniano dichiarò la risoluzione in cui era di vendicare gli oltraggi del suo alleato cristiano il principe dell’Abissinia, togliendo con ciò un decente pretesto per non più pagare l’annuo tributo che meschinamente travisavasi sotto il nome di pensione. Le chiese della Persarmenia erano oppresse dallo spirito intollerante dei Magi; secretamente esse invocavano il protettore de’ Cristiani, ed i ribelli, dopo la pia uccisione de’ loro satrapi, erano riguardati e sostenuti come i fratelli od i sudditi dell’Imperatore Romano. Le lagnanze di Nushirvan non trovarono ascolto presso la Corte di Bisanzio; Giustino cedette all’importunità de’ Turchi, i quali offrivano di collegarsi contro il comune inimico; e la monarchia Persiana fu minacciata ad un tempo stesso dalle forze riu-
- ↑ D’Herbelot, Bibliot. Orient. p. 477; Pocock, Specimen Hist. Arabum, p. 64, 65. Il Padre Pagi (Critica, t. II p. 646) ha dimostrato che dopo dieci anni di pace, la guerra che aveva durato venti anni, ricominciò A. D. 571. Maometto era nato A. D. 569, l’anno dell’elefante o della disfatta di Abrahah (Gagnier, Vie de Mahomet, t. I p. 89, 90, 98); e secondo questo calcolo, due anni furono spesi nella conquista dell’Yemen.
smaele; e questi devoti eruditi non hanno verun timore di compromettere la verità del Cristianesimo, appoggiandola su di una base tanto fragile e pericolosa.