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302 storia della decadenza

disse Giustiniano, „vedi le insegne della potestà suprema. Tu sei in procinto di riceverle non dalla mia mano, ma dalla mano di Dio. Onorale, e ne trarrai onore. Rispetta l’Imperatrice tua madre; tu sei ora il suo figlio; prima eri il suo servo. Non compiacerti nel sangue; ti astieni dalla vendetta; fuggi quelle azioni che mi tirarono addosso l’odio pubblico, e consulta l’esperienza anzi che l’esempio del tuo predecessore. Come uomo, io ho peccato; come peccatore, anche in questa vita ne fui severamente punito: ma questi servi (accennando i suoi Ministri) che hanno abusato della mia confidenza, ed infiammato le mie passioni, compariranno insieme con me dinanzi al tribunale di Cristo. Io fui abbagliato dallo splendor del diadema: tu sii saggio e modesto: rammenta ciò che fosti, rammenta ciò che sei. Tu scorgi a te intorno i tuoi schiavi e i tuoi figli; insieme con l’autorità, prendi l’affetto di un padre. Ama il tuo popolo come te stesso; coltiva la benevolenza, mantieni la disciplina dell’esercito: proteggi lo sostanze del ricco, sovvieni alle necessità del povero1„. L’assemblea, in silenzio ed in lagrime, applaudì i consiglj, e fu commossa dal pentimento del Principe. Il Patriarca intuonò le pre-

    ni, Teofane ed alcuni altri fecero pensare che si avesse a riferire all’epoca in cui Tiberio fu decorato del titolo d’Augusto, subito dopo la morte di Giustino.

  1. Teofilatto Simocatta (l. III c. 11) attesta formalmente, che trasmette ai posteri l’aringa di Giustino quale la pronunziò, e senza voler correggere gli errori di lingua e di rettorica. Probabilmente questo futile sofista non sarebbe stato capace di farne una simile.