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dell'impero romano cap. xlv. 301

trimonio con quelli dell’adozione. Finchè l’Impero appariva desiderevol cosa a Giustino, egli solea riguardar con gelosia ed odio i suoi fratelli e cugini, quasi rivali delle sue speranze; nè potea egli far conto sulla gratitudine di coloro che avrebbero accettato la porpora come una restituzione, anzichè come un dono. L’esilio, poi la morte avea tolto di mezzo uno di questi competitori, e l’Imperatore stesso avea fatto ad un altro cotali insulti crudeli, ch’egli dovea temerne lo sdegno, od averne la pazienza in dispregio. Questa domestica animosità lo condusse alla generosa risoluzione di cercarsi un successore, non nella famiglia, ma nella Repubblica, e l’artifiziosa Sofia gli raccomandò Tiberio1, suo fedele capitano delle guardie, la virtù e la fortuna del quale si poteano amare dall’Imperatore, come il frutto della giudiziosa sua scelta. [A. D. 574] La cerimonia dell’esaltamento di Tiberio al grado di Cesare, o di Augusto, fu eseguita nel portico del palazzo, in presenza del Patriarca e del Senato. Giustino raccolse le residue forze del corpo ed intelletto; ma la popolare credenza che la sua concione fosse inspirata dalla Divinità, palesa qual opinione si avesse dell’Imperatore, e quale ne dobbiamo aver di que’ tempi2. „Tu, „ gli

  1. Gli elogi più puri e più autorevoli sono quelli che ricevono i Principi prima del loro esaltamento. Mentre si innalzava Giustino al trono, Corippo avea encomiato Tiberio (l. I p. 212-222). Del resto un Capitano stesso delle guardie poteva instigare l’adulazione d’un Affricano esigliato.
  2. Evagrio (l. V c. 13) ha aggiunto il rimprovero di Giustino a’ suoi Ministri. Egli applica questo discorso alla cerimonia, in cui fu conferita a Tiberio la dignità Cesarea. Non per un vero sbaglio, ma per le loro vaghe espressio-