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dell'impero romano cap. xlv. |
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grado di palesare al suo compagno ch’egli era giaciuto colla reina de’ Lombardi, e che la morte di lui o quella di Alboino, esser dovea la conseguenza di quel traditoresco adulterio. Posto nell’alternativa, Peredeo antepose di essere il complice anzi che la vittima di Rosmunda1 il cui imperterrito animo era incapace di timore o di rimorso. Ella aspettò e trovò ben tosto un favorevol momento. Il Re, oppresso dal vino, era uscito di tavola, per prendere il pomeridiano suo sonno. L’infedele mogliera si mostrò sollecita della salute e del riposo di esso: si chiusero le porte del palazzo, si allontanarono le armi, si mandarono lungo i seguaci, e Rosmunda, poi che l’ebbe lusingato al sonno con tenere e dolci carezze, aprì l’uscio della stanza, e spinse i ripugnanti congiurati a dargli immediatamente la morte. Al primo strepito, il guerriero balzò giù dal letto; il suo brando, ch’egli tentò di snudare, era stato legato alla guaina per man di Rosmunda; ed un picciolo sgabello, unica arma che avesse, non potè per lungo tempo difenderlo dalle lancie degli assassini. La figlia di Cunimondo sorrise in vederlo a cadere; il corpo di Alboino fu seppellito sotto lo scalone del palazzo, e la riconoscente posterità dei Lombardi riverì per gran tempo la tomba e la memoria del vittorioso lor condottiere.
- ↑ Il lettore ricorderà la storia della moglie di Candaulo e l’assassinio di questo sposo che viene narrato da Erodoto in un modo sì piccante nel primo libro della sua Storia. La scelta di Gige Αιρεεται αυτος περιειναί può servire d’una specie di scusa a Peredeo; ed i migliori scrittori dell’antichità si sono serviti di questa blanda insinuazione di un’idea odiosa (Graevius, ad Ciceron. Orat. pro Milone, c. 10).