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274 storia della decadenza

loro figliuoli, male più greve ancora, erano ridotti a povertà per la confiscazione de’ loro beni. Ma se le vittime di Tiberio e di Nerone anticipavano il decreto del Principe o del Senato, il coraggio e la diligenza loro aveano per ricompensa l’applauso del Pubblico, i decenti onori della sepoltura, e la validità de’ lor testamenti1. La raffinata avarizia e crudeltà di Domiziano pare ch’abbia tolto agl’infelici, che immolava, quest’ultima consolazione, ed essa fu negata anche dalla stessa clemenza degli Antonini. Una morte volontaria, che nel caso di un delitto capitale, avvenisse tra l’accusa e la sentenza, era reputata come la confessione della reità, e l’inumano fisco sequestrava le spoglie del trapassato2. Nondimeno i giuristi hanno sempre rispettato il diritto naturale che ha un cittadino di disporre della sua vita; e l’obbrobrio dopo morte, inventato da Tarquinio3 per frenare la disperazione de’ suoi sudditi, non fu mai fatto rivivere od imitato da’ tiranni che gli vennero dietro. Tutte le

  1. Qui de se statuebant, humabantur corpora, manebant testamenta; pretium festinandi. Tacito, Annali VI, 25, colle Annotazioni di Giusto Lipsio.
  2. Giulio Paolo, Sentent. recept. l. V tit. 12 p. 476; le Pandette, l. XLVIII tit. 21; il Codice, l. IX tit. 50; Bynkershoek, t. 1 p. 59; Observat. J. G. R. IV, 4, e Montesquieu (Esprit. des Lois, l. 29 c. 9) notano le civili restrizioni della libertà, ed i privilegi del suicida. Le pene che gli vennero inflitte, furono inventate in un tempo posteriore e meno illuminato.
  3. Plinio, Hist. Nat. XXXVI, 24. Quando Tarquinio per edificare il Campidoglio tormentò talmente i suoi sudditi che ridusse alla disperazione parecchi fra gli operai, onde si diedero la morte, fece inchiodare i cadaveri di quegli sgraziati su d’una croce.