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dell'impero romano cap. xliv. 271

po l’opposizione di un tribuno potevano annullare tutto il processo, e quelle informazioni avanti il popolo erano comunemente meno formidabili all’innocenza che favorevoli al delitto. Ma tale unione del potere giudiziario e del legislativo lasciava in dubbio se l’accusato fosse assolto, o se ricevesse il perdono; e nella difesa di un illustre cliente gli oratori di Roma e di Atene rivolgevano i loro argomenti alla politica ed alla benevolenza, non meno che alla giustizia del loro sovrano. II. La cura di convocare i cittadini pel processo di ogni reo divenne sempre più difficile a misura che i cittadini ed i rei continuamente si moltiplicavano, onde si adottò il pronto spediente di delegare la giurisdizione del popolo ai magistrati ordinarj, ovvero ad inquisitori straordinarj. Nei primi tempi, furono rari ed accidentali questi giudizj. Nel principio del settimo secolo di Roma essi divenner perpetui: ogni anno si assegnava a quattro Pretori il potere di sedere in giudizio e giudicare le gravi offese di tradimento, di estorsione, di peculiato e di corruzione, e Silla aggiunse nuovi Pretori e nuovi esami per que’ delitti che più direttamente intaccano la sicurezza degl’individui. Questi inquisitori preparavano e dirigevano il processo, ma essi non potevano che pronunciare le sentenze della pluralità dei giudici, i quali con qualche cecità e maggior pregiudizio furono paragonati ai Giurati inglesi1. Il Pretore formava ogni anno una lista di provetti e rispettabili cittadini che sostenessero queste importanti ma penose funzioni. Dopo molti dibatti

  1. Le funzioni dei giudici di Roma, come quelle dei giurati d’Inghilterra, non potevano essere risguardate che come un dovere passeggiero, e non mai come una magistra-