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dell'impero romano cap. xliv. | 245 |
Le conquiste della Repubblica e le formalità della legge stabilirono l’uso dei Codicilli. Se la morte sorprendeva un Romano in qualche remota provincia dell’Impero, egli indirizzava una breve epistola al suo erede legittimo o testamentario; il quale adempiva con onore, o trascurava con impunità quest’ultima richiesta, che i giudici, prima del regno di Augusto, non avevano l’autorità di far eseguire. Un Codicillo poteva essere espresso in qualunque modo, ed in qualunque favella; ma conveniva che la soscrizione di cinque testimonj ne dichiarasse l’autenticità. L’intenzione del testatore, benchè lodevole, era spesso illegale; e l’invenzione dei fedecommessi nacque dal contrasto tra la giustizia naturale e la giurisprudenza positiva. Lo straniero di Grecia o d’Affrica poteva essere l’amico od il benefattore di un Romano senza figli; ma nessuno, fuorchè un concittadino, poteva agire in qualità di suo erede. La legge Voconia, che tolse alle donne il diritto di succedere, ristrinse il Legato o l’eredità di una donna alla somma di centomila sesterzi1, ed una figlia unica era condannata ad essere poco meno che una straniera nella casa del suo genitore. Lo zelo dell’amicizia, e l’amor dei congiunti dettarono un generoso artifizio: si nominava nel testamento un cittadino di qualità, con la preghiera o l’ingiunzione ch’egli restituisse il retaggio alla persona a cui veramente era destinato. Varia fu la condotta dei fedecommessarj in questa situazione spinosa: essi avevano giurato di osservar le leggi della lor patria, ma
- ↑ Dione Cassio (t. II l. LVI p. 814, colle note di Reimar) specifica venticinquemila dramme, secondo la maniera di computare de’ Greci.