Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
dell'impero romano cap. xliv. | 237 |
sì fatta ingiustizia di buona coscienza, senza alcuna mescolanza di frode o di forza, di rado poteva danneggiare i membri di una piccola Repubblica; ma i varj periodi di tre, di dieci, o di vent’anni, determinati da Giustiniano, sono più convenienti all’ampiezza di un grande Impero. Solo relativamente al tempo stabilito per la prescrizione, i giuristi fanno la distinzione di beni reali e di beni personali, e l’idea generale che hanno sulla proprietà è quella di un dominio semplice, uniforme ed assoluto. I professori di giurisprudenza copiosamente spiegano le subordinate eccezioni di uso, di usufrutto1, di servitù2, imposte a benefizio di un vicino sopra le terre, e le case. Con metafisica sottigliezza essi pure indagano i diritti di proprietà, in quanto sono alterati dal mescolamento, dalla divisione, o dalla trasformazione delle sostanze.
Il diritto personale del primo proprietario dee terminare insieme colla sua vita: ma la possessione, senza
- ↑ Vedi le Institute (l. 1 tit. 4, 5) e le Pandette (l. VII). Nood ha composto un particolare ed erudito trattato de usufructu (Opp. t. 1 p. 387-478).
- ↑ Le questioni de servitutibus si trovano discusse nelle Institute (l. II tit. 3) e nelle Pandette (l. 8). Cicerone (pro Murena, c. 9) e Lattanzio (Instit. div. 1. c. 1)affettano di ridere sulle insignificanti dottrine de aqua pluvia arcenda ecc. Tuttavia questa specie di processi doveva essere comune tanto in città quanto in campagna.
chiude (Saggi, vol. 1 p. 423) che le proprietà non potevano essere in allora più fisse in Italia di quello che lo siano oggigiorno fra i Tartari. Ma Vallace, suo avversario, più versato nelle leggi di Roma, gli rimprovera con ragione di non aver pensato alle condizioni che l’accompagnavano (Instit. l. II tit. 6).