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dell'impero romano cap. xliv. | 223 |
eguale, l’apparente comunità della vita, reputossi una prova sufficiente del loro connubio. La dignità del matrimonio fu poi restituita in fiore dai Cristiani, i quali derivavano ogni grazia spirituale dalle preghiere dei fedeli e dalla benedizione del prete o del Vescovo. Le tradizioni della Sinagoga, i precetti del Vangelo, i canoni dei sinodi generali o provinciali1 regolarono l’origine, la validità e i doveri di questa sacra instituzione; e la coscienza de’ Cristiani fu tenuta a freno dai decreti e dalle censure dei loro direttori ecclesiastici. Non pertanto, i magistrati di Giustiniano non andavano soggetti all’autorità della chiesa. L’Imperatore consultò i giuristi miscredenti dell’antichità, e la scelta delle leggi matrimoniali nel Codice e nelle Pandette è determinata dai terrestri motivi di giustizia e di politica, e dalla naturale libertà dei due sessi2.
Oltre l’assenso delle parti, essenza di ogni contratto ragionevole, il matrimonio appo i Romani richiedeva la
- ↑ Rapporto al sistema del matrimonio degli Ebrei e dei Cattolici, vedi Selden (Uxor ebraica, Opp. vol. 2 p. 529-860); Bingham (Christian. antiquitates, l. XXII), e Chardon (Hist. des Sacrem. t. VI).
- ↑ Le leggi civili del matrimonio si trovano esposte nelle Institute (l. I tit. 10), nelle Pandette (l. XXIII, 24, 25) e nel Codice (l. V). Ma siccome il titolo del Ritu nuptiarum è imperfetto, bisogna ricorrere ai Frammenti d’Ulpiano (tit. 9 p. 590, 591) ed alla Collatio legum mosaicarum (tit. 16 p. 790, 791) colle note di Piteo e di Schulting. Nel comentario di Servio vi sono due curiosi passi sul primo libro delle Georgiche, ed il quarto dell’Eneide.
elegante stile che loro attribuisce l’istorico dell’ottavo. Aulo Gellio (X, 23) ha meglio conservato i principj ed anche lo stile di Catone.