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dell'impero romano cap. xliv. |
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ma della giurisprudenza di Roma era un’ardua ma indispensabile impresa. Nello spazio di dieci secoli, l’infinita varietà di leggi e di opinioni legali aveva ingombrato molte migliaia di volumi, che il più ricco non potea procacciarsi, nè il più intelligente tutti esaminare. Non agevolmente si trovavano i libri; ed i Giudici, poveri in mezzo a tanta dovizia, erano ridotti all’esercizio della illetterata loro prudenza. I sudditi delle province greche ignoravano la lingua che disponeva delle vite e delle sostanze loro; ed il barbaro dialetto dei Latini imperfettamente veniva studiato nelle accademie di Berito e di Costantinopoli. Giustiniano, nato nei Campi dell’Illirico, tenea dimestichezza con quest’idioma fin dall’infanzia: studiato egli aveva la giurisprudenza negli anni della gioventù, e l’Imperiale sua scelta elesse i più dotti giuristi dell’Oriente per lavorare insieme col loro Sovrano all’opera della Riforma1. La teorica dei professori trasse assistenza dalla pratica degli avvocati e dall’esperienza dei Magistrati, ed il complesso dell’impresa fu animato dallo spirito di Triboniano2. [A. D. 527-546] Quest'uo-
- ↑ Per tener dietro ai lavori di Giustiniano sulle leggi ho studiato la prefazione delle Institute; la prima, la seconda e la terza prefazione delle Pandette; la prima e la seconda prefazione del Codice, ed il Codice medesimo (l. 1 tit. 17, de veteri jure enucleando). Dopo queste originali testimonianze ho consultato fra i moderni Eineccio (Storia I. R. n. 303-404), Terrasson (Histoire de la Jurisp. rom. p. 295-356), Gravina (Opp. p. 93-100) e Ludewig nella sua vita di Giustiniano (p. 19-123, 318-321: per il Codice e le Novelle p. 209-261, per il Digesto o le Pandette p. 262-317).
- ↑ Sul carattere di Triboniano vedi le testimonianze di Procopio (Persic. l. 1 c. 23, 24; Anecdot. c. 13, 20), e