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194 | storia della decadenza |
antepose, per questa importante opera, il Capo dei Sabiniani: prevalsero gli amici della Monarchia, ma la moderazione di Salvio Giuliano insensibilmente rappattumò i vincitori ed i vinti. A guisa dei filosofi contemporanei, i giurisperiti del secolo degli Antonini rigettarono l’autorità di un maestro, e da ogni sistema ritrassero le più probabili dottrine1. Ma voluminosi meno divenuti sarebbero i loro scritti, se la scelta loro fosse stata più unanime. La coscienza del Giudice ondeggiava fra il numero ed il peso delle testimonianze discordi, ed ogni sentenza che dalla passione o dall’interesse gli fosse dettata, avea per giustificarsi l’autorità di qualche venerabil nome. Un indulgente editto di Teodosio il Giovane dispensò il giudice dalla fatica di paragonare e ponderare i loro argomenti. Cinque Giureconsulti, Cajo, Papiniano, Paolo, Ulpiano e Modestino furono guardati come gli oracoli della giurisprudenza: decisiva era l’opinione di tre di essi; ma quando erano divisi egualmente di parere, si accordava una voce preponderante all’eminente sapienza di Papiniano2.
[A. D. 527] Al tempo che Giustiniano salì sul Trono, la rifor-
- ↑ Mascou, de sectis, c. 8 p. 120-144; de herciscundis, termine di legge che applicavano a que’ giureconsulti ecclesiastici. Herciscere è sinonimo di dividere.
- ↑ Vedi il Codice Teodosiano (l. 1 tit. 4) col Comentario del Gotofredo (t. 1 p. 30-35). Questo decreto poteva suscitare discussioni gesuitiche simili a quelle che si trovano nelle Lettere Provinciali: si poteva domandar se un giudice fosse obbligato di seguire, contro il proprio criterio e contro la propria coscienza, l’opinione di Papiniano o della maggioranza, ecc. Del resto un legislatore poteva attribuire a questa opinione, per sè stessa falsa, il valore non già della verità, ma quello della legge.