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174 | storia della decadenza |
dalla povertà, furono soppiantati da sei cento Senatori che tenevano gli onori, le sostanze e le vite loro dalla clemenza dell’Imperatore. Alleviata fu pel Senato la perdita del potere esecutivo mediante il dono dell’autorità legislativa, ed Ulpiano dietro la pratica di due secoli poteva asserire che i decreti del Senato avevano la forza e la validità delle leggi. Nei tempi di libertà, la passione o l’errore del momento aveva spesso dettato le risoluzioni del Popolo; la legge Cornelia, la Pompea, la Giulia, furono adattate da una sola mano ai disordini che prevalevano: ma il Senato, sotto il Regno dei Cesari, era composto di magistrati e di legisti, e di rado, nelle questioni di Giurisprudenza privata, il timore o l’interesse corrompevano l’integrità del loro giudizio1.
Al silenzio od all’ambiguità delle leggi si suppliva, sopraggiungendo l’occasione, cogli editti di que’ Magistrati ch’erano investiti degli onori dello Stato2. Questa antica prerogativa dei Re di Roma fu trasferita ai Consoli e Dittatori, ai Censori e Pretori nei rispettivi loro uffizi, ed i Tribuni del Popolo, gli Edili ed i Proconsoli si arrogarono un sì fatto diritto. In Roma e nelle province gli editti del Giudice supremo, il Pretore della città, facevano ogni anno conoscere i
- ↑ Non ambigitur senatum jus facere posse. Tale è la decisione di Ulpiano (l. XVI, ad Edict. in Pandect. l. 1, tit. 3 leg. 9). Pomponio dice che i Comizj del popolo erano una turba hominum (Pand. l. 1 tit. 2 leg. 9).
- ↑ Il jus honorarium de’ Pretori e degli altri Magistrati vien definito in modo preciso nel testo latino della Instituta, l. 1 tit. 2 n. 7. La greca parafrasi di Teofilo (p. 33-38, ed. di Reitz) che lascia sfuggire l’importante parola honorarium lo spiega in una maniera più vaga.