164 |
storia della decadenza |
|
Consiglio di nobili, e di una Assemblea generale del popolo. Il Magistrato supremo amministrava la guerra e la religione; egli solo proponeva le leggi, le quali venivano discusse nel Senato, e finalmente ratificate o rigettate da una pluralità di voci nelle trenta Curie o parrocchie della Città. Romolo, Numa, e Servio Tullio, vengono celebrati come i legislatori più antichi, e ciascuno di loro ha diritto alla sua parte nella triplice divisione della Giurisprudenza1. Le leggi del matrimonio, l’educazione dei figliuoli, e l’autorità paterna, che pajono trarre la loro origine dalla stessa natura, sono attribuite alla rozza sapienza di Romolo. Numa disse di aver ricevuto dalla Ninfa Egeria, nei notturni loro colloquj, le leggi delle nazioni e del Culto religioso che egli introdusse. All’esperienza di Servio si ascrivono le leggi civili: egli bilanciò i diritti e le fortune delle sette classi di Cittadini; ed assicurò, col mezzo di cinquanta nuovi regolamenti, l’osservanze dei contratti, e la punizione dei delitti. Lo Stato ch’egli avea piegato verso la democrazia, fu dall’ultimo Tarquinio trasformato in un dispotismo arbitrario, ed allorchè l’uffizio di Re fu abolito, i Patrizj presero per sè tutti i profitti della libertà. Odiose ed anticate divennero le leggi reali; i Sacerdoti ed i Nobili conservarono in silenzio il misterioso deposito, ed in capo a sessant’anni, i Cittadini di Roma ancora si lamentavano ch’erano retti dalla sentenza arbitraria dei Magistrati. Tuttavia le instituzioni positive dei Re si
- ↑ Giusto Lipsio (Opp. t. IV p. 279) ha applicato ai tre Re di Roma queste tre divisioni generali delle leggi civili. Gravina (Orig. jur. civ. p. 28, ediz. di Lipsia 1737) addotta questa idea, che Mascou, suo editore tedesco, non può ammettere che con ripugnanza.