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136 | storia della decadenza |
l’Imperatore col ristorare città e specialmente col rifabbricare le chiese. La possanza dei re è molto più efficace nel distruggere; e i venti anni della guerra Gotica aveano condotto all’estremo la miseria e la spopolazione dell’Italia. Sin dalla quarta campagna, sotto la disciplina di Belisario medesimo, cinquantamila agricoltori perirono di fame1 nell’angusta regione del Piceno2; ed una stretta interpretazione di quanto asserisce Procopio porterebbe le perdite dell’Italia oltre l’intero ammontare de’ suoi abitatori presenti3.
[A. D. 559] Io bramerei di credere, ma non ardirei affermare che Belisario sinceramente si rallegrasse de’ trionfi di
- ↑ Un numero più grande ancora perì di fame nelle province meridionali, senza comprendervi (εκτος) il golfo Jonico. Le ghiande tenevano il luogo del pane. Procopio ha veduto un orfanello abbandonato, cui una capra allattava. Diciassette passaggieri furono alloggiati, trucidati e mangiati da due donne, le quali un diciottesimo viaggiatore discoperse ed uccise, ec.
- ↑ Quinta Regio Piceni est; quondam, uberrimae multitudinis CCCLX millia Picentium in fidem P. R. venere (Plin. Hist, Nat. III, 18). Al tempo di Vespasiano, questa antica popolazione era già diminuita.
- ↑ Forse quindici o sedici milioni. Procopio (Aneddoti, c. 18) fa il conto che l’Affrica perdè cinque milioni, che l’Italia era tre volte più estesa, e che la spopolazione fu proporzionatamente più grande. Ma questi computi sono esagerati dalla passione, ed annebbiati dall’incertezza.
articoli: e porta la data de’ 15 agosto anno 554. Essa è indirizzata a Narsete, V. J. Praepositus Sacri Cubiculi, e ad Antioco, Praefectus Praetorio Italiae; e ci fu conservata da Giuliano Antecessore: trovasi nel Corpus Juris Civilis, dopo le Novelle e gli Editti di Giustiniano, di Giustino e di Tiberio.