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dell'impero romano cap. xlii. |
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sunzione de’ suoi avversari formavano il suo solo vantaggio. Condotti da un tal Capo, i sudditi di Giustiniano spesso meritarono di esser chiamati Romani: non pertanto i superbi Goti, che affettavano di arrossire nel dover contendere il Regno d’Italia, con una nazione di tragedianti, di pantomimi e di pirati, li denominavano Greci, quasi termine di disprezzo con che significar credevano un animo imbelle1. Il clima dell’Asia, a dir vero, è meno di quello d’Europa confacente alla militare virtù: quelle popolose contrade erano snervate dal lusso, dal dispotismo e dalla superstizione; ed i monaci costavano davvantaggio ed erano più numerosi che i soldati dell’Oriente. Le forze regolari dell’Impero si erano altre volte alzate sino a sei cento quarantacinquemila uomini: al tempo di Giustiniano esse eransi ridotte a cento cinquantamila uomini, e questo numero, per grande che possa parere, era sparso qua e là per terra e per mare, nella Spagna e nell’Italia, nell’Affrica e nell’Egitto, sulle rive del Danubio, sulla costa dell’Eusino e sulle frontiere della Persia. Esausti erano i cittadini, eppure i soldati non ricevevano la paga; la miseria loro veniva dannosamente mitigata dal privilegio di rubare e di far nulla; ed i tardivi pagamenti venivano trattenuti od intercettati dalla frode di quegli agenti che, senza coraggio o pericolo, si usurpano gli emolumenti della guerra. La miseria pubblica e privata reclutava gli
- ↑ Γραικους .... εξ ων τα προτερα ουδενα ες Ιταλιαν ηκοντα ειδον, οτι μη τραγωδους, και ναυτας λωποδυτας. Quest’ultimo epiteto di Procopio troppo nobilmente si traduce col termine di pirati: ladri navali è la parola propria, e significa gente che spoglia, sia per rubare sia per oltraggiare (Demostene contra Conon. negli Oratori greci di Reiske, t. 2, p. 1264)