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dell'impero romano cap. xxxvii. 65

ribellione contro un padre eretico. Si prolungò la guerra civile pei lunghi ed ostinati assedj di Merida, di Cordova e di Siviglia, che avevano fortemente abbracciato il partito d’Ermenegildo. Esso invitò i Barbari ortodossi, gli Svevi ed i Franchi, alla distruzione del suo nativo paese; implorò il pericoloso aiuto de’ Romani, che possedevano l’Affrica, ed una parte della costa di Spagna; e l’Arcivescovo Leandro, suo santo Ambasciatore, trattò in persona efficacemente con la Corte Bizantina. Ma svanirono le speranze dei Cattolici per l’attiva diligenza d’un Re, che comandava le truppe, e maneggiava i tesori della Spagna; ed il colpevole Ermenegildo dopo i vani suoi tentativi di resistere o di fuggire, fu costretto ad arrendersi nelle mani d’un irritato padre. Leovigildo ebbe tuttavia presente quel sacro carattere; ed al ribelle, spogliato degli ornamenti reali, si lasciò professare in un decente esilio la religione cattolica. I replicati suoi ed infelici tradimenti al fine provocarono lo sdegno del Re Goto; e la sentenza di morte, che questo pronunziò con apparente ripugnanza fu segretamente eseguita nella torre di Siviglia. L’inflessibil costanza, con cui esso ricusò d’accettare la comunione Arriana per prezzo della sua salvezza, può scusare gli onori, che si son fatti alla memoria di S. Ermenegildo. La sua moglie, ed il suo piccolo figlio si ritennero in una ignominiosa schiavitù da’ Romani: e questa domestica disgrazia macchiò le glorie di Leovigildo, ed amareggiò gli ultimi momenti della sua vita.

[A. 586-589] Recaredo, suo figlio e successore, che fu il primo Re cattolico di Spagna, era stato imbevuto della fede del suo infelice fratello, ch’ei però sostenne con maggior prudenza e successo. In vece di ribellarsi contro